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Io, nel sogno 3D di Avatar a 11mila watt

di Adriano Attus

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13 gennaio 2010

Il nostro collega grafico Adriano Attus ha assistito a Londra alla proiezione di Avatar, da venerdì nelle sale italiane. Ecco il suo racconto.

Avatar. Alla fine ce l'ho fatta. In vacanza a Londra per alcuni giorni, mi sono attaccato al Blackberry e sono riuscito a prenotare online un posto al cinema Imax , la nuova cattedrale del 3D. In tutto 13 sterline e mezzo (più 1.50 per transaction charge ) che mai da me furono spese meglio per una proiezione. Ecco com'è andata.
Lungo il Tamigi fa molto freddo, le strade sono spazzate da un vento artico maligno e l'ora non è delle migliori per sedersi in sala. La mezzanotte è passata infatti da 20 minuti quando mi siedo in poltrona, fila centrale e posizione laterale, e indosso gli occhiali 3D consegnatimi all'ingresso. La speranza che il sonno non abbia il sopravvento è affidata a un bel bicchiere di Coca-Cola: ancora non so a cosa andrò incontro e vorrei comunque rimanere sveglio.

Pochi istanti per rendermi conto della vastità dello schermo, ascoltare l'augurio di buona visione da parte del gentile addetto del cinema che invita gli spettatori a inforcare gli occhiali – ma sono già sul naso di tutti – e inizia l'avventura.
In un attimo ti torna alla mente quanto letto e sentito negli ultimi mesi sulla genesi del film: pensi al regista James Cameron e ai suoi "Abyss", "Titanic", "Strange Days" e "Terminator", cerchi di immaginare cosa siano i miliardi – non milioni! - di poligoni usati dai maghi della Weta per realizzare le scene (e renderizzati due volte, per riprodurre il 3D), pensi alla lingua Nà Vi studiata appositamente per i nativi del pianeta Pandora quando si spengono le luci e inizia la proiezione.

Siamo così trasportati sul Nuovo Mondo, proprio come i soldati che stanno atterrando nella base di Pandora con lo scopo di accaparrarsi i giacimenti minerari di cui è ricco il sottosuolo del pianeta.
E trasportati lo siamo in tutti i sensi. La potenza visiva è impressionante, siamo immersi in una nuova dimensione, come avvolti dallo schermo e dai soggetti.
Niente a che vedere con "A Christmas' Carol" e tantomeno con lo stupendo "Up" : si capisce subito che si è davanti a qualcosa di davvero straordinario.
C'è qualcosa di ipnotico nella visione: sei conscio di assistere a un film di fantascienza, ma hai la strana sensazione di essere in una realtà "vera", non digitale.
Accidenti, non ho mai visto nulla di simile, è spiazzante. Mi ricorda qualcosa, ma non mi è chiaro. Anzi no, ci sono. Leonardo! Leonardo e i suoi paesaggi. Come il Genio toscano che per primo introdusse la prospettiva cromatica e quella aerea nei suoi dipinti (deducendo l'incapacità dell'occhio umano di focalizzare la visione d'insieme a causa dell'atmosfera che si interpone tra il soggetto e il paesaggio stesso) così Cameron mi sta mostrando il paesaggio di Pandora intorno alla base.

Luce, aria, polvere, foglie: tutto contribuisce alla riuscita visiva. È incredibile, siamo in diurna e lo sbalordimento è totale. Ma il meglio deve ancora arrivare.
Perché la prima scena notturna quando l'avatar del protagonista Jake (Sam Worthington) è solo nella foresta lascia letteralmente senza fiato. Lo spettatore come il protagonista.
Un momento onirico, magico, un'immersione totale. I contorni indefiniti degli oggetti scuri sono solo rischiarati da leggerissime fonti di luce fluorescenti emanate da piante misteriose o microscopici esseri animati. Anche il più impercettibile elemento contribuisce a illuminare la scena , ma la magistrale realizzazione tecnica non è fine a se stessa. Non è un puro esercizio di stile, un florilegio di trovate tridimensionali studiate per sbalordire lo spettatore. Tutto contribuisce a portarci dentro la nuova dimensione e Cameron ci sta riuscendo alla grande. Gli alberi sembrano vivi, così come i fiori, l'acqua, la nebbia. Le cavalcate degli indigeni Nà Vi sul dorso dei grandi volatili di Pandora ci fanno vivere quasi da protagonisti questa nuova avventura.

La partecipazione è totale, nel bene e nel male. Come quando arrivano le inevitabili e previste scene di battaglia. Sono impressionanti, gli 11.000 watt dell'Imax sono spinti al massimo e si percepisce lo spostamento d'aria come se anche il fumo delle bombe avesse fisicità. Le citazioni da precedenti film sono infinite, è vero, ma vederle in questa maniera è come non averle mai vissute. La partecipazione è totale, il pathos del film ha ormai completamente preso il posto dei pensieri tecnici, dei milioni di dollari spesi e di qualche piccola semplificazione narrativa.
Ormai sono le tre di notte e durante le due ore e mezza di proiezione neanche il minimo cedimento al sonno. E fino al rientro in albergo nemmeno il freddo della notte londinese riesce a riportarmi alla realtà. Poi un fruscio, mi giro aspettandomi qualcosa di sorprendente ma è solo la porta dell'hotel. E' il momento di sognare, però a occhi chiusi.

13 gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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